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venerdì 18 gennaio 2008

La ricerca della felicità sembra solo il titolo di un film con Willy Smith


“La famiglia”
Lo specchio della Società

La costituzione italiana riconosce la “famiglia” come società naturale fondata sul matrimonio.


[vedi art.29 della Costituzione Italiana].

Dal momento in cui ci si rende conto di un cammino non equilibrato da parte di una società in corsa verso l’abbattimento di ogni forma di barriera che cerchi di limitare il diritto di esercitare quelle facoltà umane capaci di danneggiare la libertà degli altri, si ritiene altresì’ opportuno interrogarsi sulle ragioni reali di una simile trasformazione, non sana da un punto di vista prettamente umanitario, risalendo alle origini della questione, e scavando a fondo i punti chiave del cambiamento.


La società di oggi (nel senso lato del termine) sembra essere popolata da individui in continuo conflitto, che tendono ad interessi e scopi specificamente individualistici, e che per il raggiungimento dei quali sono disposti a gesti estremi come il matricidio, o al contrario l’uccisione del figlio, lo stupro, il furto, l’omicidio, la pedopornografia e un’altra innumerevole lista di reati non ammissibili nell’ ambito umanitario.


Se assumiamo che una delle funzioni primarie della famiglia sia di riprodurre la società, sia da un punto di vista biologico che socio-culturale, sarà da imputare a questa, quindi, la responsabilità più grande per una società deviata tutta protesa all’interesse personale che non a quello collettivo.


La famiglia, il micro mondo della società, appare minata nel suo contesto originario, rovesciando sul convivere sociale i suoi eccessi e difetti peggiori.


Ma com’era la famiglia in Italia?


Per avere una visione del modello tradizionale della famiglia italiana, non è necessario andare molto lontano. Basta catapultarsi indietro di 30 anni circa, quando le famiglie erano di tipo agricola e patriarcale, molto più numerose di quelle odierne, poiché composte non solo dai genitori e dai figli, ma anche dai nonni e dai nipoti. Generalmente gli uomini lavoravano e le donne si dedicavano interamente alla casa e alla prole. C’era un rapporto molto diretto e continuo tra le madri e i figli, poiché sulla donna di allora non cadeva la moltitudine di ruoli che rivestono le donne italiane oggi. Essa non aveva che l’onere di crescere i propri figli, trasmettendo loro amore e educazione. Questo comportava un’infanzia più stabile e serena dei giovani, che potevano contare sulla presenza assidua della madre. Purtroppo e per fortuna oggi, invece, le donne italiane sono considerate “acrobate”, poiché si dimenano affannosamente e no-stop tra lavoro e famiglia. Tuttavia spesso il lavoro toglie loro le energie che sarebbe meglio dedicare ai loro figli.
Sulla crescita dei figli c’è molto altro da dire. Non basta parlare di una madre “impegnata nel lavoro” per giustificare gli animi inquieti che si stanno diffondendo nella società italiana odierna.
E’ il caso di accennare ai numerosi divorzi che non fanno che aumentare. Si è diffuso il culto del matrimonio come tentativo, qualcosa da cui tutti possono retrocedere, senza curarsi troppo dell’effetto devastante che si ha sui figli.


Uno degli aspetti più emblematici della famiglia italiana odierna è l’ innalzamento delle fasce di età da parte dei giovani che restano a vivere con i propri genitori e che esitano a farsi una famiglia propria. Perché? C’è da dire che i giovani hanno molta sfiducia nei confronti del matrimonio, dato il diffondersi della rottura di questi legami che in teoria dovrebbero essere inscindibili, ma non è da trascurare la componente economica. Molti giovani non riescono a crearsi una posizione lavorativa che garantisca loro una vita soddisfacente, e che inevitabilmente li pone a diffidare dal crearsi un nucleo famigliare proprio. Gli effetti sono devastanti. L’insoddisfazione personale aumenta, sotto il profilo materiale e psicologico. La sfiducia nei confronti del matrimonio e dei legami duraturi rimanda i giovani a gesti estremi della serie “niente è per sempre”.
La ricerca della felicità sembra solo il titolo di un film con Willy Smith. In definitiva… si stava meglio quando si stava peggio, quando i numerosi fratelli di una famiglia facevano a turno per indossare lo stesso paio di pantaloni, e a 20 anni erano già padri di famiglia seri, con enormi responsabilità alle spalle e determinati a non fallire nella loro missione di padre e marito.

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