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martedì 5 febbraio 2008

Ledger Heath

Nota: W Generation aveva dapprima deciso di accennare alla morte di Ledger Heath, solo marginalmente, senza evidenziare troppo l’accaduto tragico e scioccante, quindi evitando di scriverci sopra un articolo, sebbene di primo istinto, a tutti fosse venuto il desiderio di scrivere due parole.
Ma nei giorni successivi alla morte, non si è smesso di parlarne, strumentalizzando un avvenimento dolorosissimo ai fini di speculazione e pubblicità indecente.


LEDGER HEATH
[Ledger Heath]


Nessun sottotitolo per questa questione. E’ solo di lui, dell’Uomo, che vogliamo parlare. Da quando è morto, i giornali ne hanno scritte di tutti i colori. Si parla di droghe, di suicidio, di un personaggio che, a interpretarlo, gli è costato la vita.

Questi, sono i sottotitoli spietati che stanno sullo sfondo di una notizia tragica come la perdita improvvisa di un grande attore quale era Ledger Heath. Aveva appena finito di girare le scene di “The Dark Knight”, il seguito di “Batman Bigins”, di Christopher Nolan, nelle vesti del “clown schizofrenico, serial killer e psicopatico, incapace di compassione e privo di lati positivi”, ovvero il Joker.

Non è necessaria alcuna lode speciale per apprendere il meccanismo diabolico e meschino (irrispettoso, tra le altre cose, del dolore della famiglia, degli amici intimi, della moglie e della figlia di appena due anni) innescato da questi racconti appena sfornati: “Il JOKER dentro Ledger lo uccide”, “JOKER divora Ledger”, “Ledger resta intrappolato nell’ oscuro mondo di Joker e finisce con il suicidarsi”- Si parla di overdose, droghe, depressione da post-sceneggiatura. E’ un cocktail di astuta speculazione, che tende solo a innalzare la vendita dei biglietti per il film che uscirà in Estate; Saputo e risaputo è, in fondo, il fascino del mistero, del macabro, della morte dell’io buono, che cattura l’interesse e la curiosità di ogni potenziale spettatore, spettatore che pagherà un biglietto per scovare tra le piaghe imbruttite del Joker-Ledger, le verità che lo hanno condotto alla morte.

Peccato che non sono state trovate droghe nell’appartamento di Ledger Heath.
Creare un mito e distruggerlo. Usare la morte come strumento pubblicitario e di promozione. Sfruttare il dolore della gente per interesse privato. Spiaccicare sugli schermi di tutto il mondo, la versione fanta-giornalistica di una storia in realtà tragica: ecco i veri sottotitoli del giornalismo di tutto il mondo.

In realtà la morte è stata causata da un sovradosaggio accidentale di farmaci, per un uomo forse sì depresso, ma non per colpa di un Joker, ma molto più probabilmente per la mancanza di una figlia, che vedeva poco, a causa della separazione dalla moglie avvenuta di recente, e non piacevolmente digerita. Ma questa storia, ovviamente, nonostante sia l’ipotesi più ovvia circa la morte di Ledger, non avrebbe incrementato il successo di un film il cui ricordo, purtroppo, sarà legato alla morte di Ledger per sempre.

Noi di W Generation abbiamo scritto questo articolo per correre al lato opposto di quello slogan grottesco che si aggira “da Wikipedia a Rotten Tomatoes e dal New Yokr Times a Yahoo”: “E se ad ammazzare Ledger Heath fosse stato il Joker?”

Links:

http://www.corriere.it/cinema/08_gennaio_26/ledger_ruolo_joker_25730154-cc1c-11dc-91ff-0003ba99c667.shtmlhttp://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/inbreve/visualizza_new.html_11539347.htmlhttp://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=17690&sez=HOME_CINEMAhttp://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/news_collection/awnplus_mondo/2008-01-24_124161739.htmlhttp://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/news_collection/awnplus_cinema/2008-01-23_123160188.htmlhttp://www.cineblog.it/post/7983/la-figlia-di-heath-ledger-e-piu-joker-di-luihttp://www.cineblog.it/post/7836/jack-nicholson-parla-del-suo-e-del-nuovo-jokerhttp://www.cineblog.it/post/8729/heath-ledger-foto-gallery-ricordiamolo-cosihttp://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/persone/heath-ledger/heath-ledger/heath-ledger.htmlhttp://nuvoleparlanti.blogosfere.it/2008/01/la-maledizione-del-joker.html
http://spettacoli.blogosfere.it/2008/01/heath-ledger-autopsia-inconcludente-forse-un-sovraddosaggio-accidentale-la-cuasa-della-morte.html
http://4news.it/2World/Hollywood_in_lutto:_morto_Heath_Ledger-932.html

Valentina

Calcio

Il problema di non risolvere i problemi


Quando ci si trova di fronte un ostacolo, ci sono più possibilità di affrontarlo. C’è chi tenta di saltarlo, mettendosi in gioco e misurando le proprie capacità, e chi lo aggira, scegliendo la strada più semplice e comoda. Sono due alternative molto dissimili l’una dall’altra, ma entrambe efficaci: nel primo caso si dimostrano coraggio e impegno; nel secondo furbizia e pragmatismo. Ma c’è anche chi predilige una discutibile terza via: ignorare l’esistenza medesima dell’ostacolo, andando inevitabilmente a sbatterci contro.

E’, quest’ultimo, il triste caso di chi gestisce da tempo il calcio, lo sport (se ancora così può definirsi) più seguito e malato d’Italia, i quali si ostinano a non risolvere gli annosi problemi del mondo del pallone, semplicemente non affrontandoli o facendolo in maniera alquanto bizzarra e mal celatamente gattopardesca.

Quando il dio denaro prevale sulla passione e i sani principi lasciano il posto alla sete di potere, quando gli interessi dei singoli sovrastano quelli collettivi e i più ricchi abusano della propria condizione economica a discapito dei più deboli, quando i pochi ribelli vengono zittiti e confinati (vedi Zeman) e chi non è colpevole è quantomeno connivente o contiguo, quando – in un contesto sportivo – accade quanto sopra, non c’è lo spazio per risolvere i problemi né la volontà di riunirsi attorno a un tavolo e mettere da parte dissidi e incomprensioni per il bene comune. Semmai, si può fingere di farlo.
Il calcio è sempre stato uno sport diverso dagli altri. Forse per il suo status di sport nazionale ha sin dal principio creato delle vere e proprie rivalità tra le città, ancor più se della stessa regione, vogliose di ottenere un’illusoria e aleatoria supremazia territoriale. Ma negli ultimi decenni la situazione è peggiorata in maniera esponenziale. I cittadini, stressati e frustrati dai problemi di tutti i giorni – e incapaci di gestire sia essi che se stessi – hanno trasformato il calcio in una delle tante armi di distrazione di massa: il cittadino, all’interno di uno stadio o davanti ad uno schermo, si distrae dai veri problemi quotidiani; se la squadra del cuore vince può sfogare la propria rabbia repressa, illudendosi che la vittoria sia anche propria, se perde può sempre additare come responsabili gli arbitri e quant’altri capitino a tiro. In ogni caso si aliena dalla realtà, nell’effimera convinzione di ricavarne un sollievo.
A esasperare il tutto ci pensano calciatori, allenatori e dirigenti delle società, i quali danno troppo spesso un cattivo esempio a chi li osserva. Si è per molto tempo ignorato questo particolare, negando il nesso tra il comportamento di chi sta in campo e quello di chi tifa. Si è dunque continuato imbelli ad assistere a episodi di autentica violenza, verbale e fisica, tra i protagonisti del calcio, senza che s’intervenisse, ignorando insomma l’ostacolo e sbattendoci contro.
Ma quando si sbatte, spesso, si rischia di farsi del male, molto male, finanche di morire. La violenza crescente e dilagante delle frange estreme delle tifoserie è sfociata più volte in episodi di sangue. Dopo la morte di Raciti, il poliziotto rimasto ucciso al termine di Catania-Palermo della scorsa stagione, i signori del calcio si accorsero che, forse, bisognava intervenire. Seguì un periodo di riflessione durante il quale si pensò addirittura di sospendere il campionato per un periodo lungo e indeterminato, affinché si potessero studiare al meglio i piani adatti a risolvere il problema della violenza e quelli connessi ad esso. Tanto clamore per nulla: trascorse due settimane, Raciti finì nel dimenticatoio e si ritornò a giocare come se nulla fosse accaduto, ignorando una volta di più le indubbie responsabilità di chi il calcio lo vive dall’interno.
Quando, poi, si tenta di trovare un rimedio, i risultati sono patetici. Da qualche settimana, ad esempio, si è deciso di imporre il terzo tempo: i calciatori delle due squadre, al termine di ogni gara, devono – o dovrebbero – stringersi la mano in segno di rispetto. Trattasi della brutta e goffa copia di quanto accade nel rugby, dove gli atleti – di loro spontanea volontà – si riuniscono a fine match, lasciando sul serio alle spalle quanto accaduto sul campo da gioco.
Così facendo, si è ottenuto il risultato inverso: se prima si poteva registrare qualche episodio di sportività, come una spontanea stretta di mano o uno scambio di maglia, adesso la nuova regola ha meccanizzato il tutto, mimetizzando così gli sparuti episodi autentici e facendo prevalere la sensazione della forzatura di tali gesti. E’ come assistere a uno spettacolo televisivo durante il quale, di tanto in tanto, l’uomo clack invita gli spettatori a dimostrare il proprio gradimento con un applauso o una standing ovation. E’ il trionfo della finzione applicata allo sport, che bella invenzione! Ma oltre che patetica, la norma ha palesato la propria inconsistenza per via della mancanza di una pena prevista per i presunti contravventori. Così, appena alla seconda settimana di esperimento, in ben due partite il terzo tempo non è stato osservato, sostituito da accenni di rissa e scambi d’insulti tra i giocatori.
Constatato l’inevitabile e prematuro fallimento, l’unica soluzione sarebbe stata abolire l’insoddisfacente regola e cominciare a discutere seriamente su come gestire il calcio, magari spendendo meno in acquisti e ingaggi e investendo sulla valorizzazione dei giovani, o tralasciando le sterili polemiche post-partita creando i presupposti di uno sport migliore che, un giorno, possa essere da esempio – positivo – per gli appassionati. Ma al momento il terzo tempo, insieme alle altre contraddizioni, resta dov’è.
L’ostacolo, ancora una volta, viene ignorato e investito.



L'articolo è stato scritto da Mattelicus

martedì 29 gennaio 2008

Badoo, ma che vorrà dire??

“Badoo.com”
La vetrina delle web-statuine

Badoo.com: uno dei Social Network più conosciuti sulla faccia della Terra. Nato nel 2006 a Londra, grazie all’inventiva di un gruppo di ragazzi, oggi conta più di dodici milioni d’iscritti in tutto il mondo. Gente proveniente da tutto il mondo, che decide di condividere attraverso il web, le proprie foto, i propri interessi, i propri video e altre informazioni di varia natura, come il sesso, l’età, l’indirizzo e i propri gusti personali. Lo scopo? Conoscersi!

Non è certo il primo Social Network che si occupa di questo: oggigiorno se ne contano un numero indefinito. Del resto “Il conoscerci in web” sembra essere ormai dato di fatto accettato dai più. Lo dimostra persino la pubblicità di meetic incontri, andata in onda ultimamente sui canali mediaset. La cultura moderna prevede il web come il nuovo spazio “per la caccia sociale”, ove si hanno a disposizione interi portali di schede umane, reperibili attraverso una selezione che si stringe nei campi del sesso, dell’età, delle provenienze e talvolta pure degli interessi.


Noi di W generation volevamo saperne di più e per questa ragione abbiamo fatto delle ricerche a riguardo. Quel che è venuto fuori è una quantità esorbitante di opinioni, commenti, pagine e pagine su badoo.


A quanto pare il sito in questione non ha un’ottima fama, ma vediamo il perché.


Moltissima gente accusa i gestori del sito di ottenere molte registrazioni tramite l’inganno. Da quanto si racconta, sembrerebbe che gli iscritti al sito possano scegliere di invitare a far parte della community, i loro contatti di Msn Messenger. A questi contatti sarebbe inviato l’invito tramite e-mail. Se l’invito non è raccolto, l’e-mail sarebbe re-inviata sottoforma di promemoria per un numero infinito di volte.


L’inconveniente è che, aldilà di un’e-mail senza scadenza, non è permesso agli iscritti di selezionare dall’elenco i contatti cui si desidera inviare l’invito. Pare che una volta accettata la piccola clausola in questione, un’e-mail automatica parta a raffica per tutti gli indirizzi dei contatti. Così spesso si generano catene di 150, 200, spesso 300 e-mail da parte della stessa persona, che invita tutti spudoratamente a iscriversi a Badoo.


Effettivamente, leggendo il manualetto di Badoo pubblicato presso il sito, in un paragrafo interamente dedicato alla questione di cui sopra, si nota un certo lasciar intendere la possibilità di scegliere tra i contatti i presunti fortunati che riceveranno l’invito: “Se un utente decide di aggiungere i suoi contatti, accetta che così facendo un invito sarà trasmesso alle e-mail dei contatti da aggiungere.” Dire “dei contatti da aggiungere” piuttosto che “di tutti i vostri contatti” fa appunto presumere la possibilità di spuntare dall’elenco dei nostri contatti, quelli a cui intendiamo far sapere di badoo. Ma evidentemente l’ambiguità di questo accorgimento linguistico non è un caso.


Non è finita qui.


Pare che nell’e-mail inviata dall’amico, siano contenuti dei collegamenti invisibili che se cliccati accidentalmente, avviano una preregistrazione al sito di badoo che, anticipando ogni aspettativa, invia subito le prime e-mail al nuovo malcapitato: “Hai ricevuto 2 nuovi messaggi…”
Strano ma vero: la registrazione non è ancora stata portata a termineche si è già talmente popolari su badoo da ricevere in tempi brevissimi, due nuovi messaggi da parte di altri utenti.
Purtroppo noi frequentatori del web dovremmo sapere che le e-mail vanno anzitutto guardate da lontano, e poi se è il caso toccate con il puntatore. Non servivano certo queste strategie di badoo per metterci a conoscenza del fatto che le e-mail oggigiorno sono la culla degli spam.


In oltre, a quanto sembra, Badoo si premura di elencare tutto ciò che non puoi fare.


· Non insultare altri utenti
· Nel nostro sito dovresti avere lo stesso atteggiamento che hai nella vita reale. Trattare le persone come se parlassi faccia a faccia con loro
· Non aggiungere materiale volgare o pornografico
· Siamo sicuri che puoi trovare qualche altro posto dove poter postare e vedere pornografia e foto/video scioccanti. Questo non è quel posto, quindi non farlo
· Non fare mai nulla di illegale sul nostro sito
· Se lo fai, non saremo divertiti, ma saremo felici di riportarti alle autorità competenti.
· Non fare copia e incolla dei messaggi
· Veramente, solo i perdenti lo fanno. Se vuoi scrivere a qualcuno, scrivigli un messaggio originale e personale. Questo spam di massa come tipo approccio non ha mai funzionato nella storia del mondo.
· Non inviare spam agli utenti
· Non provare a vendere prodotti, altri siti o te stesso spammando su badoo.

Tralasciando la forma discorsiva pressoché infantile e poco informale (quella che a nostro avviso dovrebbe essere utilizzata da regolamenti come questo), ci soffermiamo invece su alcuni di questi punti. Corriamo direttamente al terzo: Non aggiungere materiale volgare o pornografico. Sebbene la regola risulti essere sacro-santa, molti non la rispettano, ed in giro per il sito di materiale del genere ve ne è a quintali.


Chi dovrebbe assicurarsi che gli utenti non pubblichino materiale pornografico e poi, nel caso in cui sia fatto, cacciarli dalla comunità e segnalarli agli uffici competenti?


E il quarto punto?: “Siamo sicuri che puoi trovare qualche altro posto dove poter postare e vedere pornografia e foto/video scioccanti. Questo non è quel posto, quindi non farlo”;
Ma come siete sicuri? Sono amici vostri? (meglio non aggiungere altro)


E’ molto divertente leggere le opinioni della gente su questo Social Network. Tutti lo evitano come la peste, tutti lo criticano e lo anneriscono, ma nel frattempo “tutti hanno un account su badoo”. Ed è qui che noi di W Generation volevamo arrivare. Aldilà delle varie furbizie informatiche adottate dai gestori per attirare l’utenza, il sito non è altro che lo specchio di quel che i ragazzi di oggi cercano: ammassi di profili fotografici da votare e da cui poter essere votati, nella speranza di ricavarne un qualche tipo di soddisfazione personale. Certamente non tutti gli iscritti hanno scopi del genere, ma sta di fatto che questo è tutto ciò che il sito offre e insieme il motivo per cui è sorto: la socializzazione nel web.


Non è ancora diffusa l’esigenza comune di diffidare di qualunque sito o altro voglia far nascere rapporti sociali da qualche foto. Il web presenta già molte mancanze nell’ambito psico-sociale: voler limitare ad una gara di voti sull’aspetto estetico il rapporto umano non è affatto costruttivo.


Ma Badoo non è l’inventore di questo modus operandi, bensì il portavoce.


Badoo non è che la copia di centinaia di altri Social Network che fanno la stessa. Esso vince per la sua immediatezza e semplicità. Per socializzare in web si possono sfruttare altri mezzi. I forums, per esempio, sono i centri migliori per far conoscenza, poiché in essi bisogna “discutere” (e non parlare, che è diverso) e sulla base di una discussione si può evincere ben altro che un fisico attraente e un paio di occhiali da sole luccicanti.


Forse il bisogno di affidarsi a Social Network come Badoo, il minimalismo dell’emozione, l’emblema perfetto dell’approccio diretto, senza dialogo e mistero, è la risposta a un diffondersi sempre in crescita di un malessere comune, soprattutto nei giovani. Insicurezza o forse falso egocentrismo. Timidezza o Perversione. Quale esso sia, il motore di propulsione è sempre agitato da un male.

Forse è il caso di chiedersi: cosa c’è che non va lì fuori per spingerci a cercare il mondo dentro una scatola?




Scarica l'articolo in pdf

lunedì 28 gennaio 2008

DIVENTA AMICO!!

Aderendo all'iniziativa



avrai il vantaggio di una doppia visibilità,
sia nella lista che segue, che all'interno della sezione
banners del nostro sito.

Diventa amico!!!



Di seguito i vari banner per DIVENTARE AMICO di W Generation:

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GLI AMICI DI WGENERATION

venerdì 18 gennaio 2008

La politica?Un lusso alla stregua dell'alta moda...

“Cos’è la politica?”


Si a un’ora di politica nelle scuole

Provate a chiedere, passeggiando per la strada, “cos’è la politica?”. Le risposte che riceverete saranno le più strambe. Potrete notare come il concetto di politica, sebbene sia un concetto a disposizione di tutti ed inserito in qualsiasi tipo di contesto, talvolta non appropriatamente, corrisponda ad un innumerevole lista di significati, spesso, non compatibili gli uni con gli altri.

Un esempio concreto è l’elenco di risposte che i cittadini offrono a domande come la seguente:


· Che cosa pensano i genitori della politica nelle scuole? Come dovrebbe essere insegnata all’interno di quest’ambiente? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi?



1. Di sicuro si
deve fare tutto fuorché propaganda. Secondo me i professori non dovrebbero
toccare l’argomento se non in modo
imparziale.
2. Pensano che va
male..
3. No! Per carità!!...
Diventerebbe un ulteriore occasione di
indottrinamento!
4. Ricordo che per
legge è proibito fare politica a scuola (benché i professori se ne freghino…) e
poi a scuola si parlerebbe solo bene di sinistra e tutto il male del mondo di
destra! Non è un mistero che la maggior parte dei dipendenti pubblici sono
rossi!
5. Se ne fa già troppa di
politica nelle scuole!
6. E’
sufficiente insegnare storia, non solo quella moderna, per dare agli alunni gli
strumenti per capire cosa succede intorno a loro. Fare politica e insegnare
vanno al pari passo.
7. Secondo me
sarebbe sbagliato parlare di politca moderna a scuola… non si arriverebbe a capo
di niente e quindi sarebbe anche una perdita di tempo! Bisognerebbe parlarne a
casa e seguire la tv ma secondo me è l’influenza dei genitori che fa
tutto… quasi! Quindi, la scuola non è il luogo adatto… vogliamo picchiarci
a vicenda?

[Tratto da: http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20071211025208AAHDtNq]


Si evince chiaramente una confusione non indifferente sul concetto di politica, e da questa cattiva interpretazione si dichiara senza esitazione che fare “politica” a scuola è decisamente sbagliato ed illegale.

Forse sarebbe opportuno ricordare che la “politica”, nel senso stretto e originario del termine, è tutto ciò che riguarda la vita pubblica.
“La vita strettamente legata al privato di ognuno, è un piano
all’interno di un piano e questo piano superiore viene realizzato nelle
istituzioni pubbliche della società.”


John Rawls (Una teoria della giustizia)
E’ necessario entrare nell’ordine delle idee che la politica non è qualcosa riservato ai politici, ma bensì è tutto ciò che riguarda la vita pubblica. E la vita pubblica, va precisato, è quel macro-mondo cui vanno inseriti i micro mondi delle vite private. Se la sovrastruttura pubblica non è coerentemente e adeguatamente organizzata, nemmeno la vita privata potrà essere soddisfacente.
L’errore più grande che viene fatto è l’assunzione dell’ esatta corrispondenza di un dato indirizzo politico alla definizione di “politica” stessa.

La politica, così come d’origine, è sorta per l’esigenza di regolare il vivere comune per il bene di ogni singolo cittadino. In essa prendono atto le discussioni e i confronti sui temi sensibili della democrazia e della cittadinanza, si animano i dibattiti per l’adempimento del benessere collettivo e quindi privato. Non esiste una società in cui il benessere privato possa scindere da quello pubblico. Essa è dunque il fulcro essenziale della lotta comune per il superamento delle difficoltà. L’indirizzo politico è sorto solo in seguito, con il sorgere delle divergenze circa i metodi di governo.




Se assumiamo questi punti come premesse essenziali della vita politica, non possiamo esimere le scuole dall’insegnamento politico. L’insegnamento politico è essenziale per indirizzare i giovani all’ordine pubblico.
“Appuntamenti: Politica a scuola. Lo dice anche il ministro Lazio Samvise: il ministro della Pubblica Istruzione ha dichiarato che è un dovere di tutti gli studenti impegnarsi politicamente. Lo ha detto ai ragazzi di Azione Studentesca nell’ambito dell’assemblea-dibattito tenutasi a Roma sabato 16 settembre all’ interno di Atreju, la festa di Azione Giovani. ”.“Appuntamenti: Politica a scuola. Lo dice anche il ministro Lazio Samvise: il ministro della Pubblica Istruzione ha dichiarato che è un dovere di tutti gli studenti impegnarsi politicamente. Lo ha detto ai ragazzi di Azione Studentesca nell’ambito dell’assemblea-dibattito tenutasi a Roma sabato 16 settembre all’ interno di Atreju, la festa di Azione Giovani. ”.


Fare politica a scuola, dunque, non equivale a indottrinare gli alunni per scopi propagandistici. Ma bensì vuol dire spingerli a riflettere sui problemi persistenti, sulla realizzazione di progetti concreti, di piani di regolazione della vita pubblica. I ragazzi non sono istruiti sul concetto di politica, non hanno idea di come si svolgano le elezioni, non sanno mai per chi votare. Spesso si giunge ai 18 anni di età, di fronte al primo richiamo per le votazioni, senza avere una minima idea politica, e votando secondo istruzioni da parte di terzi. E’ importante invece che, gli studenti, a partire da un insegnamento nelle scuole che rispecchi una pluralità di punti di vista, possano maturare considerazioni proprie che contribuiscano in modo costruttivo alla realizzazione del bene comune. Fare politica a scuola è essenziale, piuttosto che sbagliato come molti affermano, per garantire a tutti la stessa capacità di scegliere i loro rappresentanti di governo.

E’ incredibile come la politica resti un lusso per pochi, alla stregua dell’alta moda.

Il rischio dell’ indottrinamento è alto, grazie solo alla nostra ignoranza politica. Bisogna attuare un piano di studi legittimo, tutelato dalla legge, che scongiuri ogni tentativo da parte dei docenti di imporre il loro punto di vista politico. Ma ricordiamoci che se un docente ha intenzione di fare propaganda, non ha bisogno dell’ora di politica nelle scuole.

Noi di W Generation crediamo che aprirci sotto questo profilo sia molto importante, per offrire ai nostri figli gli strumenti giusti per difendersi e per non essere schiavi della loro ignoranza.
Diciamo “si” a un’ora di politica nelle scuole.

La ricerca della felicità sembra solo il titolo di un film con Willy Smith


“La famiglia”
Lo specchio della Società

La costituzione italiana riconosce la “famiglia” come società naturale fondata sul matrimonio.


[vedi art.29 della Costituzione Italiana].

Dal momento in cui ci si rende conto di un cammino non equilibrato da parte di una società in corsa verso l’abbattimento di ogni forma di barriera che cerchi di limitare il diritto di esercitare quelle facoltà umane capaci di danneggiare la libertà degli altri, si ritiene altresì’ opportuno interrogarsi sulle ragioni reali di una simile trasformazione, non sana da un punto di vista prettamente umanitario, risalendo alle origini della questione, e scavando a fondo i punti chiave del cambiamento.


La società di oggi (nel senso lato del termine) sembra essere popolata da individui in continuo conflitto, che tendono ad interessi e scopi specificamente individualistici, e che per il raggiungimento dei quali sono disposti a gesti estremi come il matricidio, o al contrario l’uccisione del figlio, lo stupro, il furto, l’omicidio, la pedopornografia e un’altra innumerevole lista di reati non ammissibili nell’ ambito umanitario.


Se assumiamo che una delle funzioni primarie della famiglia sia di riprodurre la società, sia da un punto di vista biologico che socio-culturale, sarà da imputare a questa, quindi, la responsabilità più grande per una società deviata tutta protesa all’interesse personale che non a quello collettivo.


La famiglia, il micro mondo della società, appare minata nel suo contesto originario, rovesciando sul convivere sociale i suoi eccessi e difetti peggiori.


Ma com’era la famiglia in Italia?


Per avere una visione del modello tradizionale della famiglia italiana, non è necessario andare molto lontano. Basta catapultarsi indietro di 30 anni circa, quando le famiglie erano di tipo agricola e patriarcale, molto più numerose di quelle odierne, poiché composte non solo dai genitori e dai figli, ma anche dai nonni e dai nipoti. Generalmente gli uomini lavoravano e le donne si dedicavano interamente alla casa e alla prole. C’era un rapporto molto diretto e continuo tra le madri e i figli, poiché sulla donna di allora non cadeva la moltitudine di ruoli che rivestono le donne italiane oggi. Essa non aveva che l’onere di crescere i propri figli, trasmettendo loro amore e educazione. Questo comportava un’infanzia più stabile e serena dei giovani, che potevano contare sulla presenza assidua della madre. Purtroppo e per fortuna oggi, invece, le donne italiane sono considerate “acrobate”, poiché si dimenano affannosamente e no-stop tra lavoro e famiglia. Tuttavia spesso il lavoro toglie loro le energie che sarebbe meglio dedicare ai loro figli.
Sulla crescita dei figli c’è molto altro da dire. Non basta parlare di una madre “impegnata nel lavoro” per giustificare gli animi inquieti che si stanno diffondendo nella società italiana odierna.
E’ il caso di accennare ai numerosi divorzi che non fanno che aumentare. Si è diffuso il culto del matrimonio come tentativo, qualcosa da cui tutti possono retrocedere, senza curarsi troppo dell’effetto devastante che si ha sui figli.


Uno degli aspetti più emblematici della famiglia italiana odierna è l’ innalzamento delle fasce di età da parte dei giovani che restano a vivere con i propri genitori e che esitano a farsi una famiglia propria. Perché? C’è da dire che i giovani hanno molta sfiducia nei confronti del matrimonio, dato il diffondersi della rottura di questi legami che in teoria dovrebbero essere inscindibili, ma non è da trascurare la componente economica. Molti giovani non riescono a crearsi una posizione lavorativa che garantisca loro una vita soddisfacente, e che inevitabilmente li pone a diffidare dal crearsi un nucleo famigliare proprio. Gli effetti sono devastanti. L’insoddisfazione personale aumenta, sotto il profilo materiale e psicologico. La sfiducia nei confronti del matrimonio e dei legami duraturi rimanda i giovani a gesti estremi della serie “niente è per sempre”.
La ricerca della felicità sembra solo il titolo di un film con Willy Smith. In definitiva… si stava meglio quando si stava peggio, quando i numerosi fratelli di una famiglia facevano a turno per indossare lo stesso paio di pantaloni, e a 20 anni erano già padri di famiglia seri, con enormi responsabilità alle spalle e determinati a non fallire nella loro missione di padre e marito.

Di anoressia si muore...

"La malattia dell'anima che annulla il corpo."



"Il lungo tunnel dell'anoressia."


“L'anoressica è come un gattino inseguito da un cane che per salvarsi salta su un albero. Scampa il pericolo, vede tutto dall'alto, ha l'illusione di tenere il mondo sotto controllo mentre gli altri lo guardano. Ma attenzione a non raccogliere la sfida del gattino. Se resta sull’albero, muore.”

[Fabiola De Clercq]


L’anoressia è una malattia che rientra nel gruppo dei disturbi alimentari più conosciuti. Colpisce in prevalenza il sesso femminile. Essa inizia spesso con una dieta rigida e prosegue mangiando sempre meno fino al punto di rifiutare il cibo. L’anoressica inizia a perdere peso: la sua preoccupazione per la forma fisica diventa ossessiva. La bilancia diventa la sua migliore amica, la percezione del proprio corpo alterata, la porta a negare la propria magrezza anche quando è estremamente sottopeso. Evita i cibi ritenuti grassi e si concentra su alimenti poco calorici, i pasti vengono saltati o consumati con estrema lentezza.


L’anoressia può anche essere causata da situazioni particolarmente traumatiche come violenze sessuali, difficoltà nell’essere accettati socialmente o dalla propria famiglia, drammi familiari, traumi infantili vari non risolti nell’adolescenza.

Gli effetti dell’anoressia sono molto pesanti, sia fisicamente che psicologicamente. Dal punto di vista fisico, la malnutrizione comporta dei danni permanenti ai tessuti dell’apparato digerente, disidratazione, danneggiamento di gengive e denti, ulcere intestinali, seri danni cardiaci, al fegato e ai reni, problemi al sistema nervoso, con difficoltà di concentrazione e di memorizzazione, danni al sistema osseo, con maggior rischio di fratture e di osteoporosi, blocco della crescita, amenorrea, emorragie interne, ipotermia e ghiandole ingrossate. I danni psicologici, invece, comportano depressione, basso livello di autostima, senso di vergogna e colpa, difficoltà a mantenere relazioni sociali e familiari, sbalzi di umore, tendenza a comportamenti maniacali, tendenza al perfezionismo.

L’anoressica si isola dal mondo, si infiltra in un tunnel tutto suo, dove per lungo tempo non riesce a vedere un raggio di luce; Alcune quella luce non la trovano mai, perché muoiono prima. Altre la vedono, ma proprio quando hanno deciso di ricominciare a vivere non possono più farlo perché hanno compromesso troppo il loro organismo.

La chiamano la malattia dell’anima, perché chi la vive non ha fame di cibo, ma di amore, ha bisogno di sicurezza, ma nello stesso tempo di non essere schiacciata.

Attualmente in tutto il mondo si contano milioni di ragazze/i che ne soffrono, molti riescono ad uscirne, altri non ci provano abbastanza, non hanno abbastanza motivazioni per crederci sul serio e buttano via la loro vita senza nemmeno rendersi conto di quanto può essere bella se vissuta senza farsi problemi.

Questo non è un gioco, di anoressia si muore, purtroppo è questa la cruda realtà.

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